La protrombina, conosciuta anche come fattore II della coagulazione, è una glicoproteina plasmatica sintetizzata dal fegato.

La lesione di un vaso sanguigno determina la rapida conversione della protrombina (fattore II) in trombina (fattore IIa), che a sua volta converte il fibrinogeno in un polimero di fibrina insolubile; si produce così un intreccio di fibre che partecipa alla formazione del coagulo.


Tempo di protrombina ed INR

Il tempo di protombina (PT, dall’inglese Prothrombin Time) è un’analisi del sangue in grado di quantificare il tempo necessario alla formazione di un coagulo di fibrina. A tale scopo, vengono addizionate specifiche sostanze al campione, come citrato, calcio e tromboplastina tissutale.

In condizioni normali, il tempo di protrombina varia indicativamente dagli 11 ai 13 secondi, in relazione alle metodiche analitiche adottate. Il più delle volte, comunque, il tempo di protrombina viene espresso mediante un indice detto INR (International Normalized Ratio), che tiene conto della sensibilità del reagente tromboplastinico utilizzato. In questo modo il medico può valutare i risultati in modo accurato, anche quando provengono da laboratori che sfruttano differenti metodiche di determinazione.

Il tempo di protrombina, espresso come INR, è molto importante per il monitoraggio dei pazienti in terapia con anticoagulanti orali. In condizioni normali, il valore ottimale di INR è compreso tra 0,9 ed 1,3. Tuttavia, in base alle caratteristiche del paziente e alle necessità terapeutiche, il medico può stabilire valori ottimali di INR superiori; per esempio, in caso di fibrillazione atriale o nella prevenzione della trombosi venosa, l’INR ideale è compreso tra 2 e 3, mentre nei pazienti portatori di protesi valvolare meccanica l’INR adeguato è un po’ più alto, tra 2,5 e 3,5.


Tempo di protrombina alto: cause e conseguenze

Il tempo di protrombina è prolungato da:

  • utilizzo di medicinali anticoagulanti, come il coumadin (warfarin), il sintrom (acenocumarolo) o più raramente l’eparina;
  • assenza, scarsa attività, ridotta sintesi o eccessivo consumo (come nella coagulazione intravascolare disseminata) dei fattori della coagulazione I, II, V, VII e X;
  • il test è particolarmente sensibile alle deficienze dei fattori VII e X;
  • carenza di vitamina K per ridotto apporto alimentare o cattivo assorbimento intestinale (anche per una dieta ipolipidica o per la presenza di un’ostruzione biliare );
  • malattie epatiche, come la cirrosi, l’epatite o l’insufficienza epatica;

Conseguenze

In presenza di un ritardo del normale processo di coagulazione del sangue (INR elevato), possono comparire delle piccole emorragie. Leggere perdite di sangue possono verificarsi, ad esempio, a livello gengivale (lavandosi i denti), nasale o anale (per l’eventuale presenza di emorroidi); tipica è la comparsa di piccole ecchimosi (lividi) sulla pelle in seguito a traumi anche di modesta entità.

Tratto da My Personal Trainer